Non è così

No, non è così. Io mangio pochissimo molte volte salto anche i pasti. I cibi che vedi che a volte fotografo non sono per me ma per la mia famiglia o amici. ..io se ne mangio, ne mangio pochissimo. Mi controllo da solo, ascolto me stesso e mi curo ma in maniera non convenzionale. Ritengo che i famosi "controllini" dei medici servano più a trovare malattie che a curarle...e a volte pure ad inventarle. Sento quando ho bisogno di cure, anche io prendo influenze e a volte devo ricorrere a medicine comuni ma poche volte e sono io a stabilire quali e per quanto tempo e quasi sempre si tratta di omeopatia anche se non sempre. Non credo in vaccini preventivi anche se ho fatto fare i vaccini alle mie figlie, ma alla seconda ne ho saltati diversi non obbligatori...anzi tutti. Non penso alle malattie nel senso che credo che essere "sani" significhi accettare anche di non stare sempre bene. Si sta bene stando anche con la febbre o non perfettamente perché stare bene è principalmente accettare anche di non stare bene...scusa la contraddizione. Si decide di stare bene e si sta come si sta...l'idea della perfezione è una invenzione di un'era moderna che ha creato molti danni e molti morti.."...con questa medicina o con questa "piccola" operazione lei risolverà tutto!!" ..e spesso si aprono le porte a patologie croniche. Credo che la malattia sia una spia verso qualcosa della nostra vita che non funziona e indichi un cambiamento. Le malattie "serie" o non hanno grandi possibilità di guarigione e quindi ci indicano una preparazione ad un'altra vita da affrontare con serenità, oppure accettandole si possono trovare altri modi di vivere che ci permettono di vivere bene da malati. Potrei parlare di esperienze vissute in prima persona...persone a me vicine, esperienze di amici o cose conosciute. Dentro al discorso malattie si nasconde un mondo infinito di accettazioni di se stessi. Sanno bene i medici, ad esempio, che non tutte le vene chiuse anche all'ottanta per cento rappresentano obbligatoriamente l'esigenza di un intervento chirurgico o di altro genere e così molti tumori. L'accettazione della patologia attraverso una consapevolezza dell'esistere oltre la patologia è anche una cura. Non mi interessa di non fare l'interesse di un concepimento mondiale ed epocale di una certa prassi sanitaria. Una operazione riuscita per un medico è quella che rispetta certi codici. Avete conosciuto amici dopo operazioni al cuore?....forse il sangue ora scorre regolarmente ma la loro esistenza è devastata. Non riconosci più la persona che conoscevi. Di questo aspetto il chirurgo non si interessa molto. Quali sono dopo le aspettative di vita di quella persona?...ogni operazione ha una scadenza.....dieci anni. Siamo sicuri che non si poteva fare diversamente? A volte no...a volte si. Bastava informare la persona che con un cambiamento di vita e accettando una esistenza diversa includendoci anche la malattia, poteva evitare una esperienza del genere così distruttiva per la sua personalità. Del resto tutto gira intorno alla morte e se si accettasse più facilmente l'idea che comunque si deve morire si accetterebbe anche la malattia non come limite ma come esperienza da viversi per migliorarci.


Roberto Casi

3/5/2016

 

  <indietro